Il commentatore della Rai continua a far discutere per le sue telecronache sopra le righe: ieri Adani, durante Argentina-Croazia, ha probabilmente superato il limite
Se in questi giorni i giornali sportivi stanno scrivendo più delle telecronache che si ascoltano in Rai che di quanto accade in campo ai Mondiali, significa che qualcosa non va.
Daniele Adani è ormai diventato un personaggio televisivo a tutti gli effetti, con i suoi commenti da seconda voce esagerati nel tono e nello spirito, che finiscono per trascendere l’azione commentata e paiono avere come fine principale quello di imporre, o quanto meno ostentare, il proprio punto di vista, per poter dire “io l’avevo detto”, quasi per appropriarsi, in qualche modo, dell’altrui impresa sportiva.
Ci può anche stare; in fondo è lì per quello, per esprimere la sua opinione. Quello che non ci sta, che non può starci, è quanto si è sentito a un certo punto ieri sera, nella cronaca della semifinale del torneo tra Argentina e Croazia.
Daniele Adani, “seconda voce” ai Mondiali con Stefano Bizzotto
Adani, ex buon difensore di Brescia ed Inter e commentatore sportivo emerso sulle reti Sky con la sua padronanza di linguaggio e capacità di affabulazione, è stato scelto dalla Rai come seconda voce delle telecronache di Stefano Bizzotto, uno dei giornalisti obiettivamente più preparati e più apprezzati dal pubblico.
Appassionato delle vicende che riguardano l’Argentina e il suo leader Lionel Messi, Adani si è presto distinto durante questi Mondiali per i suoi interventi in cronaca un po’ sopra le righe, che rasentano l’idolatria, una scelta che gli ha attirato critiche (ma anche lodi, va detto) da parte del pubblico, specie attraverso i social.
Critiche che non lo hanno lasciato indifferente, e che anzi ne hanno pungolato l’orgoglio: ed è questo il punto. Adani ieri sera ha approfittato del microfono della rete pubblica per lanciare una breve, fulminea, inaudita stilettata nei confronti del pubblico. Sì, avete letto bene: del pubblico.
L’enfasi per Messi e l’Argentina
Dopo l’ennesima giocata da campione di Messi – un fuoriclasse, ma non lo scopriamo noi e non lo scopre Adani – il commentatore parte con le sue solite, sperticate lodi, anche in bello stile, per poi prorompere in un assurdo “e noi dovremmo contenerci, per chi?”.
Come, “per chi”? Per il pubblico, per chi paga il canone, per chi sta a casa alle otto di sera e vuole godersi una partita di calcio, e non un’esibizione di drammaturgia o una lezione faziosa di storia dell’arte applicata al calcio.
C’è una cosa, nel cinema, nel teatro e nella Tv, che si chiama “quarta parete”, e sarebbe quel velo immaginario che divide chi recita e chi assiste alla scena come pubblico. Il sipario aperto, insomma. A volte lo si può superare, quel velo, con classe, con un gesto, un occhiolino, uno sguardo complice verso gli spettatori. Per coinvolgerli. Ma mai per sfidarli.
Adani sfonda la quarta parete col petto in fuori, sulla prima rete Rai, in prima serata. Mentre uno è sul divano, o a cena con gli zii, lui entra “nelle case degli italiani”, come si diceva una volta, con atteggiamento di sfida e con la pretesa di dirci “non mi rompete”.
Ostenta le sue idee, pretende di imporle, vuol convincersi che Messi l’ha scoperto lui. Riduce a fantoccio l’esperto giornalista che ha a fianco. Ci invita a ringraziare, ad alzarci in piedi. Non sembra nemmeno concepire che a chi sta a casa, del Messi-personaggio può anche non fregargliene nulla, che vuol solo vedere qualche bella giocata alla Tv.
O, ancora peggio, quasi impedisce che tra Messi e lo spettatore si crei un rapporto diretto, un amore non comandato. Esattamente l’effetto contrario di quello desiderato.
Su, Adani: si sieda un attimo, e ci lasci godere lo spettacolo.
Marco Sicolo – Bgame News