Con l’Argentina ultima partita in Nazionale, intanto arriva l’omaggio della Juve. Le vittorie, le botte in campo, i momenti da ricordare. L’eredità di Giorgio Chiellini
“Questa maglia non va indossata, va cucita sulla pelle. Chi lo capisce ne diventa leggenda!”
Football, lo chiamano gli inglesi, per indicare che si gioca con i piedi. Eppure, capita che si possa diventare leggende del calcio anche senza avere il piedino fatato dei fuoriclasse, dei numeri dieci, per intenderci.
No, sulla maglia di Giorgio Chiellini c’era il numero 3, e da oggi sarà custodito gelosamente nel museo della Juventus con questa sua dedica, per ricordare le gesta, gli insegnamenti, lo spirito che ha trasmesso il roccioso difensore toscano nei suoi diciassette anni in bianconero.
Alla Juve ha già detto addio, con la Nazionale giocherà la sua ultima partita il 1° giugno, nella Finalissima contro l’Argentina. Poi, svelerà il suo futuro: studierà da dirigente, magari dopo essersi concesso ancora un annetto di calcio giocato negli USA, tanto per gradire.
Giorgio Chiellini, uno dei più grandi difensori italiani
Una leggenda della Juve, certo, ma anche un patrimonio di tutto il calcio italiano. E non solo per i suoi lunghi e gloriosi trascorsi con la maglia della Nazionale, ma perché, in generale, Chiellini ha saputo essere un esempio, dentro e fuori dal campo, qualsiasi maglia avesse appena indossato, e sudato, e spesso sporcato del suo sangue.
Certo, non è stato esattamente uno dai modi gentili: non si contano neanche gli attaccanti avversari finiti gambe all’aria su un suo intervento in scivolata, o schiacciati a terra dall’energia dei suoi imperiosi interventi aerei.
E non staremo neanche a infilarci nel tunnel della retorica, dicendo che era un duro, ma sempre corretto nei contrasti: di questo dovrebbe parlare chi se l’è trovato di fronte, e non ci sorprenderebbe sentire storie di lividi, botte e contusioni varie.
Però è anche difficile trovare qualcuno che dica che fosse cattivo, scorretto, che viaggiasse oltre i limiti di quell’accettabile irruenza che da sempre trova cittadinanza nel gioco del calcio.
I primi a riconoscere il valore di Giorgio Chiellini sono proprio i suoi avversari, in Italia e in tutto il mondo, che ne parlano come di un esempio da seguire per tutti.
Le vittorie con la Juventus e con la Nazionale
E non dimentichiamo che di botte ne ha prese lui stesso, hai voglia. E la sua grandezza si è vista anche da come ha reagito.
Ricordate ai Mondiali del 2014 – quando ancora l’Italia andava ai Mondiali – l’incredibile morso che gli rifilò Luis Suarez, attaccante uruguagio con la faccia da film western e con gli incisivi piuttosto pronunciati. Giorgio avrebbe voluto l’espulsione dell’avversario, in quel momento, certo, e chissà cos’altro avrebbe voluto fargli.
Eppure, appena qualche giorno dopo, lo sentivi dire alla stampa che sono cose che ci possono stare, che con Luis non c’erano problemi.
È stato questo, Chiellini, sui campi da gioco. Un guerriero sporco di sangue che ti faceva sputare sangue, ma di cui si ricordano più i sorrisi e gli scherzi con gli avversari, anche a partita in corso, piuttosto che diverbi e litigate.
Chiellini campione europeo con l’Italia
Dove lo trovi, un difensore che ti vinceva le partite anche con i sottili giochi mentali, sempre con i suoi modi tra il brutale e il goliardico. Sì, il riferimento è a quella breve ma indimenticabile scenetta con il malcapitato Jordi Alba, capitano della Spagna, ai vittoriosi Europei del 2021. La sua Gioconda, il vero capolavoro della sua carriera.
I due si ritrovano davanti all’arbitro, da capitani, dopo 120 minuti di dura battaglia, per decidere sotto quale porta si tireranno i calci da rigore che manderanno una delle due squadre in finale.
A dispetto della tensione che dovrebbe caratterizzare il momento, Giorgione è tutto un sorriso, ride con l’avversario, lo sprona, gli fa i complimenti, e quando quello prova ad appropriarsi della scelta dopo il lancio della monetina, si lancia in uno show da perfetto guascone.
Lo ha pizzicato, gli dice in faccia che voleva fare il furbo, che è un mentiroso, un bugiardo, e gli fa capire, sempre col sorriso, che a lui non la si fa.
Col sorriso, con un finto cazzotto, stringendolo in un abbraccio umiliante, sollevandolo come un bambino, congedandolo come l’ultimo degli sciocchi. La partita l’abbiamo vinta lì, lo sanno tutti e l’abbiamo capito tutti subito, prima ancora che Jorginho insaccasse l’ultimo, decisivo rigore per l’Italia.
Botte, sorrisi e una laurea in economia
Che ciclone è stato, Giorgio. Sempre lui, quattro giorni dopo, ci avrebbe regalato un’altra immagine da incorniciare, o da usare come meme nelle nostre chat, con lo strattone all’inglese Saka nella finale di Wembley, perfetta sintesi di un’Italia che ha voluto quella vittoria più dell’avversario, più di chiunque altro.
Ha sgomitato vent’anni su qualsiasi terreno di gioco, ha svettato nell’area avversaria per segnare gol da attaccante aggiunto, si è caricato i compagni di squadra sulle spalle nei momenti più difficili.
E poi è stato capace di mettersi in giacca e cravatta, pulite e stirate, per prendersi una laurea in Economia e Commercio, con specializzazione in Business Administration.
Ce lo ritroveremo presto dietro una scrivania, nella sua Juve o in qualche ufficio della Federazione, c’è da scommetterci. Ma in campo, uno così, ci mancherà parecchio.
Marco Sicolo – Bgame News