Astutillo Malgioglio, l’ex portiere di Brescia, Roma e Inter è stato nominato Ufficiale al Merito della Repubblica dal Capo dello Stato per il suo impegno nel sociale
A vederlo così, vagamente sorridente dietro il suo baffo impeccabile, già trasmetteva una certa sensazione di bonaria serietà.
Astutillo Malgioglio da Piacenza è stato, per un’intera generazione di bambini, soprattutto un volto inconfondibile delle figurine Panini, uno che riconoscevi al primo sguardo e che ti faceva sorridere per quel nome insolito, anche se poi in TV non lo vedevi mai.

Oggi, invece, chi all’epoca giocava con l’album dei calciatori scopre che quel portiere, a lungo dodicesimo uomo dell’Inter di Trapattoni, ha sempre avuto un’anima profonda e uno spessore non comune a molti suoi colleghi.
A fine 2021, infatti, Malgioglio è stato insignito del titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Per chi lo ha conosciuto solo attraverso una figurina di fine carriera, è stata di certo una bella sorpresa. Cos’avrà fatto mai quel signore baffuto, il taciturno secondo di Walter Zenga, per meritare tanto?
È presto detto.
Astutillo Malgioglio: gli inizi della carriera e l’impegno nel sociale
Correva l’anno 1977 e un giovane “Tito” Malgioglio era già un portiere di belle speranze in un Brescia che ambiva a salire in Serie A.
Un giorno fa visita, grazie a un suo amico, ad un centro per bambini disabili. E lì nasce in lui qualcosa che non lo avrebbe più abbandonato. Il bisogno di rendersi utile, fare qualcosa, non limitarsi a godere dei propri agi. Sente il dovere di attivarsi per aiutare chi è più in difficoltà.
Da lì in poi la strada è già tracciata. Quello stesso anno crea una palestra nella sua città dove offre la possibilità, gratuitamente, a famiglie con bambini affetti da distrofia di iniziare un percorso di recupero motorio.
Avevo 19 anni ed ero titolare del Brescia in serie B quando, grazie ad un amico, visitai per la prima volta un centro per disabili. Fu un’emozione fortissima, un pugno nello stomaco. Quel giorno tutto mi apparve chiaro. La vita non è solo una palla di cuoio.
Questa sua attività lo accompagnerà, non senza controversie, lungo tutto l’arco della sua carriera.
Sul finire della sua esperienza a Brescia l’allenatore sembra quasi rimproverargli i suoi interessi solidali extracampo, che a suo dire ne penalizzerebbero le prestazioni.
Astutillo sente che è tempo di cambiare aria, anche perché le ambizioni di carriera ci sono.
Approda a Roma, nella Roma fresca Campione d’Italia, dove a fine stagione guarderà dalla panchina il suo collega Bruce Grobbelaar ipnotizzare Conti e Graziani per sfilare via alla Lupa la Coppa dei Campioni e portarsela a Liverpool.

Nella capitale trova un ambiente amichevole, in cui il suo impegno sociale viene apprezzato, specialmente dal capitano della squadra, il compianto Agostino Di Bartolomei.
Ma la successiva esperienza professionale non è altrettanto piacevole. La sua nuova squadra, la Lazio, ha una situazione societaria instabile e con i nuovi tifosi non scocca mai la scintilla, anzi.
Forse complice il recente passato sull’altra sponda del Tevere, si fa presto strada il luogo comune secondo cui il rendimento di Malgioglio sia insoddisfacente perché pensa troppo alle attività di sostegno per i bambini disabili.
“Tornatene da loro” è la frase più educata che gli viene rivolta dalla curva. E un brutto giorno lui cede, ha un crollo di nervi, si toglie la maglia davanti al suo pubblico, la calpesta, la butta via.
Malgioglio, il riconoscimento di Ufficiale al Merito della Repubblica
“Non rifarei quel gesto”, avrebbe detto qualche anno dopo. “Quello che mi ferì di più non furono le cattiverie nei miei confronti, ma la totale mancanza di rispetto, di solidarietà, di pietà per quei bambini sfortunati che non c’entravano niente”.
Malgioglio trascorre gli ultimi anni di carriera all’Inter, come accennato, prima di una fugace apparizione nei ranghi dell’Atalanta nel ’92.
Con questo senso di amarezza, il portiere benefattore ha anche dovuto assistere, impotente, alla chiusura del suo centro di riabilitazione a Piacenza, dovuta a mancanza di fondi.
“Quello del calcio è un mondo senz’anima”, ha poi rivelato, riferendosi ai calciatori che, nel corso degli anni, ha provato a coinvolgere e sensibilizzare, evidentemente senza successo. “Gira solo intorno a sé stesso e ai suoi piccoli drammi della domenica; ogni voce fuori dal coro è un pericolo”.
In pochi hanno raccolto il suo messaggio. In particolare, il tedesco Jurgen Klinsmann, suo compagno di squadra all’Inter, che lo ha più volte accompagnato quando lui faceva la spola tra gli allenamenti ad Appiano Gentile e le sedute di assistenza nella palestra dei “suoi” bambini, a un’ora di auto.
O come Giovanni Trapattoni, l’allenatore che lo volle all’Inter più per l’uomo che era, che per come difendeva la porta.
Oggi, con qualche primavera in più sulle spalle e i baffi sempre curati, per Astutillo Malgioglio da Piacenza arriva un riconoscimento che non è da tutti, e che forse lo aiuterà a convincersi che non tutto è perduto, che i valori, quelli veri, vengono ancora riconosciuti.
Perché no, “la vita non è solo una palla di cuoio”.
E così, oggi, sul sito ufficiale del Quirinale possiamo leggere che “il Presidente Mattarella ha individuato, tra i tanti esempi presenti nella società civile e nelle istituzioni, alcuni casi significativi di impegno civile, di dedizione al bene comune e di testimonianza dei valori repubblicani:
Astutillo Malgioglio, 63 anni, per il suo costante e coraggioso impegno a favore dell’assistenza e dell’integrazione dei bambini affetti da distrofia”.
