Nel Giorno della Memoria per le vittime delle persecuzioni razziali, vogliamo ricordare la più grande impresa del leggendario ciclista Gino Bartali
C’era un tempo in cui l’Italia non si divideva solo tra tifosi della Juve o del Milan, della Roma o del Torino, ma era anche una terra che si appassionava veracemente al ciclismo, sport eroico. Tra gli anni ’30 e ’50 gli italiani si dividevano anche tra tifosi di Bartali e tifosi di Coppi, due ciclisti che hanno fatto la storia.
Il più “vecchio” dei due era Gino Bartali, che già nel 1938 poteva vantare due Giri d’Italia vinti e un Tour de France. Poi, fu proprio lui a volere in squadra il giovane Coppi, che prima gli fece da gregario e poi, nel 1940, si consacrò come campione a sua volta, vincendo il Giro.
Non senza l’aiuto del suo mentore: ebbe una giornata di crisi, Coppi, in quel Giro, e Bartali ebbe l’umiltà di aiutarlo e la saggezza di spronarlo, dandogli dell’”acquaiolo”, per pungerlo nell’orgoglio e fargli tirar fuori il campione che era in lui.
Poi, la guerra.
Giorno della Memoria: l’impegno di Bartali a favore degli ebrei
Non c’era sport, durante il conflitto. Non in via ufficiale, almeno: più o meno tutte le competizioni furono sospese, o meglio, mancavano tutti i presupposti per organizzarle.
Ma fu proprio in quel frangente che Bartali seppe distinguersi per la sua grande umanità, realizzando un’impresa che forse supera, per valore, anche i suoi più grandi trionfi sportivi.
Mentre in tutto il Paese i tedeschi mettevano in atto la deportazione di massa degli ebrei, Gino fingeva di allenarsi, percorrendo le colline tra Cortona e Assisi, macinando chilometri e chilometri, giorno dopo giorno, tra Toscana e Umbria.
Fingeva, Gino. Nel telaio della bicicletta teneva nascosti documenti e fotografie, carte false che servivano a dare una nuova identità alle persone di razza ebrea, per consentire loro di sfuggire al rastrellamento nazista.
Non si può neanche immaginare cosa abbia rischiato, Bartali, per quel gesto di enorme umanità. Era parte di una “rete di salvataggio” organizzata unitamente dal rabbino e dall’arcivescovo cattolico di Firenze, e in quel modo recapitava i documenti ad una tipografia di Assisi.
Così salvò 800 ebrei.
Embed from Getty ImagesGiusto tra le Nazioni: un campione in gara e fuori
Poi la guerra finì, e ricominciò la vita, ricominciò anche lo sport. A più di trent’anni di età, molti lo davano per finito, mentre il suo più giovane amico-rivale, Coppi, era passato a una squadra avversaria.
Ma nel 1946, nel primo Giro d’Italia del dopoguerra, il vincitore fu ancora lui. E sempre lui vinse di nuovo in Francia, due anni dopo, regalando una grande gioia all’Italia, o meglio una distrazione: con quel trionfo, dicono, evitò una guerra civile, in un Paese in tumulto per l’attentato di quel luglio ai danni di Togliatti.
Morì all’alba del nuovo millennio, Bartali, dopo una vita vissuta intensamente, nella giusta direzione. Qualche anno dopo, il Presidente della Repubblica Ciampi gli conferì, alla memoria, la Medaglia d’oro al Merito Civile per quelle pedalate clandestine durante la guerra.
Lo Stato di Israele lo dichiarò Giusto tra le Nazioni, per l’aiuto dato a un intero popolo, salvando la vita a tutte quelle persone.
Marco Sicolo – Bgame News