Silvio Berlusconi e lo scudetto, Galliani come Brad Pitt e un territorio che già guarda all’indotto. Il Monza sogna, con i piedi ben piantati in Serie A
Con le dovute proporzioni, la storia del Monza di Silvio Berlusconi ricalca quella del suo grande Milan.
Quando l’attuale patron dei biancorossi acquistò il Milan nel 1986, i rossoneri non avevano l’aura della grande squadra che di solito li ha accompagnati nel corso della storia.
Grandi negli anni ‘50 con i tre svedesi Gren, Liedholm e Nordahl, immensi poi negli anni ’60, con la conquista di due Coppe dei Campioni e il golden boy Rivera, i milanesi avevano conquistato l’ultimo successo sette anni prima dell’avvento del Cavaliere, nel 1979: il decimo scudetto, quello della stella.
Poi, l’onta di due retrocessioni in Serie B nel giro di pochi anni: una come sanzione conseguente allo scandalo scommesse, l’altra “conquistata” sul campo, in una stagione sfortunata terminata al terzultimo posto.
Nel 1983 il Milan giocava su campi di provincia, come quello della Cavese, del Taranto e del Varese. Risalì subito nella massima serie, ma faticava a ritrovare la dimensione di un tempo. E intanto, il suo presidente Giussy Farina finì in cattive acque, e si rese necessario un cambio di proprietà.
È questo lo scenario in cui fece la sua apparizione Berlusconi, all’epoca già conosciutissimo in qualità di proprietario delle emittenti televisive private Canale 5, Italia Uno e Rete 4.
Oggi come ieri: l’avvento di Berlusconi al Milan nell’86
L’entrata in scena fu degna della sua fama, con arrivi in elicottero al centro del campo e dichiarazioni fiere e programmatiche, pronunciate con quel carisma e quella capacità di affascinare che gli è riconosciuta anche dai suoi più acerrimi detrattori.
“Il Milan giuoca bene, ma potrà dirsi soddisfatto solo con la conquista dello scudetto”, cose così, di grande impatto, che ascoltate da quei tifosi che non sognavano nemmeno più, suonavano come una musica celestiale.
Una musica credibile? Nì. Di Berlusconi, all’epoca, si sapeva già che ci sapeva fare. Ma ancora non si era capito fino a che punto.
Da zero a tutto, prima il Milan e ora il Monza?
Massaro, Bonetti, Donadoni: questi alcuni tra i primi acquisti della “campagna di rafforzamento della squadra”, come amava ripetere alla stampa, quasi a rivendicare un ruolo di primo piano in nome del blasone della squadra – ma soprattutto in onore della sua smisurata ambizione.
Ingresso in Coppa Uefa al primo anno, e poi vai col liscio: lo sconosciuto romagnolo Arrigo Sacchi piazzato in panchina, due olandesini mica male in mezzo al campo, Ruud Gullit e Marco Van Basten, e via ad un ciclo di vittorie lungo più di vent’anni, la cui eco si sente ancora forte e chiara ai giorni nostri.
L’avrebbe detto nessuno? In quanti s’immaginavano che a partire da quel 10 febbraio 1986, nel giro di pochi anni sarebbe iniziata una scorpacciata di trofei conquistati in Italia e nel mondo?
Ecco, per questo, al Monza in Champions League magari si fa fatica a credere, ma insomma: cautela. Una boutade, l’ha definita il Presidente, che aveva parlato di scudetto la sera stessa della promozione in Serie A. Ma nel calcio tutto può succedere, a maggior ragione quando c’è di mezzo lui.
Galliani e la riconoscenza nel calcio: “Ero come Brad Pitt, poi…”
Il Monza arriva in Serie A per la prima volta nella sua storia, esattamente com’era negli obiettivi di Berlusconi quando lo ha rilevato in Serie C, appena quattro anni fa, lasciandosi affiancare dall’eterno compare Adriano Galliani.
“Quando abbiamo lasciato il Milan”, ha rivelato quest’ultimo proprio pochi giorni fa al Corriere dello Sport, “ho capito tante cose. Finché ero al Milan ero bello e biondo, come Brad Pitt. Un attimo dopo, il telefono ha preso a tacere”.
Una bella rivincita, quindi, per l’ineffabile duo, che con appena qualche milioncino di investimento ha regalato alla piazza il doppio salto di categoria, con l’acquisto di giocatori validi, ma non di grido.
L’unico colpo di testa è stato l’acquisto dell’ex azzurro Balotelli, che però non ha lasciato il segno.
Adesso che sono approdati in A, Galliani è di nuovo bello come Brad Pitt, anzi, “un misto tra Paul Newman, Richard Gere, Marlon Brando e Brad”, dice lui, mentre il cellulare non la finisce di squillare.
Il Monza in Serie A, un territorio che si mette all’opera
Destinazione Paradiso, recitava la frase in bella mostra sul pullman scoperto con cui i giocatori hanno fatto il loro giro di trionfo in città, all’indomani della vittoria sul Pisa nella finale dei playoff.
Ma questa non sembra la storia del paesino di provincia che vive la sua favola. E tanto meno è il sogno della cosiddetta piazza calda, quella che vive attorno alla propria squadra di calcio e non vede l’ora che sia domenica.
No, qui, in Brianza, la promozione in Serie A è una cosa seria, una cosa che “muove”, un affare e un’opportunità per chi ci vive e lavora. Gente operosa, ama definirla il Cavaliere, che popola un territorio fatto di imprese che producono e lavorano sodo.
Prima ancora di parlare di grandi acquisti e di centrocampisti stranieri, qui si parla di indotto, di occasioni per aumentare il fatturato, di alberghi, ricettività, servizi e visibilità. Anche lo stadio della città, il vecchio Brianteo – che adesso, per ragioni commerciali, si chiama in modo più altisonante U-Power Stadium – verrà subito ampliato prima a 16.000 posti, per adeguarsi agli standard imposti dalla massima serie, e poi forse a 25.000.
Comunque la si pensi, dove arriva il vecchio Silvio arriva un’aria nuova, un entusiasmo fatto di sogni a cui fa seguito, magari non sempre, ma tante volte sì, una realtà altrettanto soddisfacente.
Arriverà anche la Champions? Chissà. Intanto il telefono ha ripreso a squillare.
Marco Sicolo – Bgame News