Lo Slam n. 21 è il coronamento di una carriera costellata di successi e l’occasione per chiedersi se Rafael Nadal sia il più grande tennista della storia
Per la prima volta in carriera, Rafael Nadal mette il muso davanti a quello di Roger Federer e di ogni altro tennista nel pallottoliere degli Slam, diventando l’uomo da battere anche in questa speciale classifica.
Il successo agli Australian Open 2022 ha certificato una volta di più il valore della sua generazione rispetto a quella immediatamente successiva, quella dei Medvedev, dei Thiem e degli Tsitsipas, che non riesce ad imporsi con regolarità neanche ora che l’età dei big 3 sta diventando oggettivamente avanzata.
E proprio per questo, viene difficile parlare di Nadal senza considerare il contesto storico in cui si è mosso. Solo vent’anni fa era semplicemente impossibile pensare a un tennista capace di vincere 20 tornei dello Slam, oggi ne abbiamo addirittura tre.

Quando Pete Sampras, con una volée delle sue, conquistò a 31 anni suonati il suo ultimo US Open, molti si chiedevano se sarebbe mai arrivato qualcuno a superare il suo incredibile record di 14 Slam vinti in carriera. Era il 2002, mica preistoria.
Ed era un’epoca in cui la differenza di superfici era ancora un argomento. L’anno successivo, quattro diversi tennisti si sarebbero spartiti gli Slam, ognuno sulla sua superficie preferita: Agassi in Australia, lo spagnolo Ferrero (che pure giocava bene sul duro) a Parigi, Federer a Londra, Roddick a New York.
Quando Federer cominciò a vincere ovunque, dal 2004, si cominciò a parlare di un mito che stava per cadere, quello di Bjorn Borg, che a fine anni ’70 fu capace per tre volte di vincere nello stesso anno Roland Garros e Wimbledon, adattando il suo gioco con disinvoltura dalla terra rossa all’erba nel breve volgere di due settimane. Sembrava fantascienza.

Ad oggi, ognuno dei tre tenori è riuscito in quest’impresa (Nadal prima di tutti e per due volte), e semplicemente nessuno ci fa più caso. Erba, terra o cemento che sia, la polivalenza è diventato uno standard, e chi non è all’altezza, semplicemente, non potrà essere considerato al loro livello.
Rafael Nadal e il record di 21 Slam
Questo, dunque, lo scenario per inquadrare il posto di Nadal nella storia.
Poi, certo, lo spagnolo la sua preferenza ce l’ha, e pure evidente. Di 21 slam conquistati, ben 13 sono arrivati in Francia, e questo ha sempre tolto un po’ di fascino alla sua bacheca, rispetto a quella un po’ più equilibrata dei suoi due compari.

Ma se si fa la tara al palmares di Nadal, allora bisogna farla a tutti, e ognuno ha il suo terreno di elezione (Djokovic con i suoi nove Australian Open, Federer con i suoi otto Wimbledon e poi anche Sampras con i suoi sette, o lo stesso Borg, che fuori d’Europa non vinse mai).
La verità è che non c’è un modo oggettivo di classificare le vittorie o la bravura dei vari tennisti. Si potrebbe valorizzare lo stile di gioco, ma anche qui: conta di più la vittoria di chi ha avuto più talento da madre natura, o quella di chi si è fatto in quattro per colmare questo gap e vincere anche grazie a sudore, dedizione e sacrificio?
Non se ne esce. E allora azzardiamo semplicemente qualche considerazione sul valore dello spagnolo, rispetto agli altri grandi di questo sport.
Australian Open 2022 e il record di 21 Slam
“Senza sofferenza non vai da nessuna parte”. È più o meno questa la sostanza delle dichiarazioni di Nadal in coda alle partite dell’ultimo torneo appena vinto.
Solo che, nel corso della sua carriera, i fatti hanno dimostrato che si tratta di una scelta un pizzico estrema, una filosofia di vita un po’ rischiosa, che ha portato spesso Rafa a dare forfait per lunghi periodi.

Come dicevamo in apertura, ci si può commuovere davanti a uno che vince dopo aver pensato di doversi ritirare, ma neanche ci si può meravigliare se il fisico dello spagnolo stia presentando il conto, dopo anni di scambi di infinita lunghezza e di immane lavoro di braccia, necessario per imprimere alla pallina le assurde rotazioni che sono un po’ il suo marchio di fabbrica.
Questione di gusti, ma vedere un Sampras chiudere il punto in serve and volley era un’altra cosa, più divertente da guardare e sicuramente più immediata da apprezzare.
Detto questo, non si vincono più slam di tutti di solo top-spin, perché Nadal di polso e talento ne ha a bizzeffe, e a questo ci aggiunge una mentalità semplicemente senza pari.
Alla fine, ognuno ha i suoi argomenti: Nadal ha forza di volontà e intelligenza tattica, Djokovic completezza e continuità, Federer classe e varietà di gioco, Sampras ti lasciava senza speranze quando ci giocavi contro, Agassi ti lavorava a puntino e poi vinceva lui, anche quando lo davano per finito.
E sui libri di storia si può trovare tutto quello che occorre sapere sul talento di Edberg, sulla potenza di Becker, sull’epoca d’oro di Connors, Borg, McEnroe e Lendl.
La verità è che ognuno di loro ha avuto le sue occasioni e ognuno, volendo, poteva mettercela un po’ di più.
Lui l’ha fatto, ed ora è lì, davanti a tutti. Come dice il suo sponsor: vantaggio, Nadal.
Marco Sicolo