Sono passati ventotto anni da quando il fuoriclasse azzurro tirò alle stelle il pallone che regalò il Mondiale al Brasile. Il rigore di Baggio a Pasadena
Il pallone che vola via, lontano, sopra la traversa. L’onda gialla che esplode di entusiasmo, il codino che rimane per una volta immobile sulle sue spalle, senza ondeggiare impazzito al ritmo dei suoi dribbling in mezzo al campo.
L’immagine di Roberto Baggio solo al centro dell’universo, sconsolato mentre guarda verso il basso all’altezza del dischetto, è ben impressa nei ricordi di chiunque abbia visto quell’indimenticabile, bruttissima e dolorosa finale del Mondiale del 1994 persa ai rigori contro il Brasile.
Sono passati 28 anni da quel mezzogiorno infernale di Pasadena, una finale a cui siamo comunque tutti inguaribilmente affezionati, anche se finita in modo opposto a quella celebratissima del 1982, di cui si è appena festeggiato il quarantennale.
Italia-Brasile, la finale dei Mondiali del 1994
In Italia e nel mondo, la ricorrenza, pure priva di cifra tonda, è stata celebrata con un fluire costante di messaggi social, da parte di chi c’era, di chi avrebbe voluto esserci o di chi ne ha soltanto sentito parlare.
Messaggi e ricordi da parte degli italiani, da parte dei brasiliani, da parte di qualunque appassionato di calcio che all’epoca si sia goduto una partita che annoverava alcuni tra i più grandi calciatori dell’epoca: il Pallone d’Oro Roberto Baggio, fantasista dal talento cristallino, il bomber verdeoro Romario e il suo compare Bebeto, e poi Dunga, Franco Baresi, Maldini.
Italia-Brasile è la storia del calcio, la storia dei Mondiali, e così come ci ricordiamo ancora della tripletta di Paolo Rossi, così non ci scorderemo mai il silenzioso sconforto del Divin Codino. Un rimpianto, il suo, che scopriremo averlo accompagnato per il resto della sua vita, in un percorso di coscienza andato forse un po’ oltre il valore di quello che è stato e rimane soltanto un gesto sportivo, un tiro sbagliato, come infiniti altri.
Il rigore di Baggio a Pasadena contro il Brasile
Ci hanno fatto pure un film, su quel rimorso, il delicato “Divin Codino” di Netflix, che si conclude con una specie di carezza collettiva del pubblico al suo campione; probabilmente la chiave di lettura più giusta, oltre che più bella, che si potesse dare alla vicenda.
Una carezza che tutti noi ci siamo dati gli uni con gli altri, tra amici, tra padri e figli, tra tifosi in un bar. Ventotto anni da quel pallone finito inspiegabilmente sulla luna, che ci lasciò ammutoliti, ma uniti, come nella vittoria.
Marco Sicolo – Bgame News