Non solo Dybala: i clamorosi addii dei numeri 10 della Juventus

Dybala Juventus

Paulo Dybala è stato uno dei calciatori più amati dalla tifoseria della Juventus: non è, però, la prima volta che la Juve rinuncia ad un suo numero 10

Erano irrefrenabili, le lacrime di Paulo Dybala, l’altra sera allo Stadium. In una serata per certi versi surreale, si è consumato uno degli addii più malinconici, e soprattutto evitabili, della storia bianconera.

Calciatore e società avrebbero potuto continuare, se solo non avessero giocato qualche giorno di troppo a braccio di ferro. Alla fine ha vinto il più forte, il più cinico, quello che più sentiva di poter fare a meno dell’altro. O forse non ha vinto nessuno.

Quando la Juve e il numero 10 si dicono addio

Non è la prima volta che la Signora e un suo numero 10 si dicono addio in maniera traumatica. La storia bianconera è piena di campioni che hanno vestito e alzato trofei con questa maglia, per poi chiudere in un giorno triste, in cui qualcuno sente che è l’ora di darci un taglio.

Già dai lontani anni ’30, la famiglia Agnelli fu capace di rinunciare al regista dei cinque scudetti consecutivi, Giovanni Ferrari (pilastro anche della Nazionale di Vittorio Pozzo, due volte Campione del Mondo). Finiti i bagordi per il quinquennio d’oro, la proprietà decise che era ora di stringere i cordoni e negò un aumento di stipendio al giocatore, che così si accordò con l’Inter (allora Ambrosiana). Vi ricorda niente?

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Omar Sivori e il clamoroso passaggio al Napoli

Ancora più clamorosa fu la separazione tra la Juve e Omar Sivori. L’italo-argentino è tuttora uno dei personaggi più amati dalla tifoseria bianconera, un autentico simbolo di questa società.

A cavallo tra gli anni ’50 e ’60 diede vita con il gallese Charles e con Boniperti ad una delle migliori linee d’attacco che la nostra Serie A abbia mai conosciuto. Sivori vinse tre scudetti e il Pallone d’Oro del 1961, mettendo anche paura in Coppa dei Campioni al grande Real Madrid di quegli anni.

Dopo qualche anno di digiuno, la Juve decise poi di affidarsi a un santone della panchina, il paraguayano Heriberto Herrera (soltanto omonimo dell’Helenio della Grande Inter) e questi, anticipando una moda che conosceremo bene negli anni ’90 (vedi Sacchi e Ancelotti), decide di rinunciare ad un fantasista a suo dire indolente, in nome dell’assetto tattico.

In tribuna i bimbi piangono per l’ultima partita di Sivori in bianconero, proprio come per Dybala l’altro giorno, e dopo qualche mese lui si toglie una bella soddisfazione, fermandosi ad allacciarsi la scarpa proprio davanti alla panchina dove siede l’allenatore juventino, qualche secondo dopo che la sua nuova squadra, il Napoli, aveva segnato il gol della vittoria.

Il rigore di Brady al Catanzaro e l’arrivo di Platini

Negli scudettati anni ’70 della Juve, la numero 10 la veste per la maggior parte del tempo Fabio Capello, anche se il vero fantasista della squadra fu per lunghi tratti l’ala leccese Franco Causio (che poi se ne andò all’Udinese, per dimostrare che non era ancora troppo vecchio come dicevano).

Ma il vero capitolo strappalacrime di quegli anni è quello che riguarda l’irlandese Liam Brady, un signore ancora ricordato con rispetto e riconoscenza dalle parti di Torino.

Geometra di gran classe, Brady ebbe l’equilibrio e la freddezza di siglare il rigore decisivo per lo scudetto 1982 nell’ultima giornata a Catanzaro, pur sapendo di essere un dieci con la valigia in mano.

All’orizzonte, infatti, si stagliava l’elegante sagoma francese di Michel Platini, che con la Juve avrebbe vinto tutto, compresi tre Palloni d’Oro di fila, prima di appendere la maglia bianconera e le scarpette al chiodo a soli 32 anni.

Roberto Baggio, un grande 10 con tante maglie diverse

Chi ha avuto un rapporto davvero controverso con la Juventus è stato Roberto Baggio, arrivato a Torino tra grandi aspettative ma con ancora il cordone ombelicale attaccato a Firenze.

Celebre è ancora il suo gran rifiuto di battere un rigore contro la sua vecchia squadra (poi sbagliato da un suo compagno), con l’aggravante di uscire dal campo con tanto di sciarpa viola al collo.

Le soddisfazioni non sono mancate nei suoi anni di permanenza a Torino, tra Pallone d’Oro e trofei europei, ma l’amore, probabilmente, è un’altra cosa. Specialmente se hai in casa Alessandro Del Piero.

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Da Del Piero a Dybala, lacrime ed emozioni allo Juventus Stadium

A Del Piero va dedicato l’ultimo capitolo di questa breve rassegna, perché sono tanti i punti in comune tra il suo ultimo giorno alla Juventus e quello vissuto da Dybala.

A cominciare dalla cornice, quella bellissima e intima dello Stadium, fino al giro di campo dopo la sostituzione, alle sciarpe, agli abbracci e alle lacrime.

Certe storie finiscono, bisogna rassegnarsi. E la colpa non può essere mai da una parte soltanto.

Marco Sicolo – Bgame News