Ai Mondiali di atletica del 2007, l’azzurro scrisse una pagina memorabile del nostro sport. L’argento iridato di Andrew Howe, che oggi annuncia il suo ritiro
Prima dell’irripetibile pomeriggio magico delle Olimpiadi di Tokyo, quello del doppio oro di Jacobs e Tamberi, l’Italia dell’atletica aveva vissuto altri momenti gloriosi anche in tempi recenti.
Uno di questi fu sicuramente la finale di salto in lungo ai Mondiali di Osaka del 2007, che regalò all’azzurro Andrew Howe la medaglia d’argento, al termine di un emozionante duello con il panamense Irving Saladino.
All’epoca, per il ventiduenne Howe si parlò di definitiva consacrazione, dopo il titolo europeo conquistato l’anno prima, e pareva che quei risultati dovessero anticipare chissà quanti altri trionfi.
Così non fu, e oggi che, a distanza di quindici anni da quell’impresa, l’ex giovane promessa italiana annuncia il ritiro dalle gare, con un po’ di malinconia ma con il sorriso di sempre, è l’occasione per tornare a celebrare quella pagina di grande sport scritta sulla pedana iridata.
Si ritira Andrew Howe, campione del salto in lungo
Le aspettative su Howe erano davvero alte, agli inizi della sua carriera. Il suo doppio trionfo ai Mondiali juniores del 2004, quando vinse sia nel lungo che nei 200 metri, sbalordì gli addetti ai lavori, e le prime conferme importanti arrivarono due anni dopo, con il bronzo ai Mondiali indoor e soprattutto l’oro agli Europei di Goteborg, sempre nel salto in lungo, vinto quasi facilmente a soli ventun anni.
Con un atleta così competitivo, sia nei salti che nella velocità, sembrava che l’Italia potesse aver trovato quasi il nuovo Carl Lewis. Sempre sorridente e con l’aria scanzonata, Howe era il modello perfetto per l’immagine del nostro sport.
Embed from Getty ImagesL’argento ai Mondiali con record italiano
La sua impresa più memorabile, dicevamo, rimane l’argento di Osaka 2007, cui non seguirono altri risultati di rilievo, anche per via di numerosi infortuni.
Ma torniamo a quel pomeriggio in Giappone. L’azzurro, arrivato con grandi aspettative, tira fuori un’ottima prestazione, ma sembra mancargli l’acuto decisivo. Prima dell’ultimo salto, Howe è ai piedi del podio, quarto con la misura di 8,20 m. Primo è Saladino, con un grande 8,46 m.
Sulla pedana per l’ultimo salto della sua gara, lo sguardo di Andrew è famelico. È giovane, ha talento e ha tutta la voglia di spaccare il mondo. Rincorsa poderosa, stacco perfetto e salto infinito: “Questo è un campione!”, sentenziò entusiasta il telecronista.
Attimi di attesa, poi la sentenza più dolce: 8 metri e 47, un centimetro in più dell’avversario, il momentaneo primo posto in classifica e anche il nuovo record italiano (tuttora imbattuto).
“I’m the best!!!”, esclama lui, irrefrenabile a bordo pista, mentre salta dappertutto e si strappa la maglietta, in un’immagine di gioia che è un instant classic del nostro sport: una giustificata esaltazione della propria prova, una sbornia di soddisfazione per aver appena scoperto lui stesso di cosa fosse capace.
Ok, la storia non ebbe il finale più lieto; l’avversario aveva un altro salto a disposizione, e anche lui, pochi minuti dopo, tirò fuori il salto delle grandi occasioni: 8,57 e medaglia d’oro, prendendosi l’applauso deluso e sportivo di Howe, e lasciando a quest’ultimo la gioia effimera di un momento magico e la concretezza di una medaglia d’argento.
Ma quei salti incontenibili, quel momento unico, rappresentano comunque l’essenza dello sport e rimarranno per sempre un’immagine iconica della nostra atletica.
Marco Sicolo – Bgame News